
Evolvere è la parola chiave
Un caffè con Stefano Scagni …
“Ai tempi del liceo, ero il classico ragazzo dedito allo studio e con un ottimo rendimento scolastico ma decisamente timido e introverso: quando pensavo al mio futuro di certo non avrei mai immaginato, un giorno, di sviluppare un’attitudine a ricoprire un ruolo di tipo commerciale”: è con questo ricordo che Stefano Scagni, 54 anni, milanese, Head of Business Development di Intesi Group, spiega come non esistano limiti alla possibilità di cambiare, crescere ed evolvere per una persona, così come per un’azienda.

Com’è iniziata la sua “avventura” in Intesi Group?
Dopo le prime esperienze maturate in realtà del mondo bancario, da quasi un decennio lavoravo in un’azienda tecnologica molto significativa per la mia crescita professionale, ma che vivevo con crescente disagio: il drastico e fin troppo repentino cambio di rotta nella sua gestione, determinato dall’acquisizione da parte di un ben più grande player IT, andava in una direzione che non mi convinceva. Decisi, così, di guardarmi intorno e, fortunatamente, trovai presto l’occasione giusta: Intesi Group, che avevo già avuto modo di conoscere e apprezzare per alcune collaborazioni interaziendali.
Cosa la colpì?
Mi intrigava il suo settore d’attività ad enorme potenziale di crescita, quello della Firma digitale e dei Trust services in generale. Ma anche la sua condizione di impresa in transizione da piccolo seppur brillante studio di …nerd ad organizzazione strutturata con chiare ambizioni di mercato. Così, nel 2011, entrai in azienda. Oggi mi dedico allo sviluppo del business. Ma talvolta, probabilmente per il mio background ingegneristico e informatico, mi accade di occuparmi anche di taluni processi aziendali (finalizzati, ad esempio, all’ottenimento delle Certificazioni ISO) o, interloquendo con i miei colleghi di profilo più tecnico, di contribuire all’affinamento e customizzazione di diversi servizi.
C’è qualche passaggio significativo nel suo personale percorso professionale in Intesi Group?
Ricordo, innanzitutto, quando dopo pochi mesi dal mio ingresso in azienda, il vertice societario decise di affidarmi la gestione di vari clienti primari: percepii questa scelta come un attestato di fiducia e come la volontà di valorizzare le mie esperienze passate.
Poi, rammento con piacere il rientro attivo in azienda di Paolo Sironi, socio fondatore e nostro attuale CEO, perché è stato lui ad attribuire un primario ruolo strategico alla funzione commerciale, sancendo così il passaggio di Intesi Group da realtà “essenzialmente tecnica” ad azienda capace di proporsi al mercato in modo dinamico.
Infine, menziono la mia nomina a Responsabile del Business Development, anche perché mi consente di guidare un team formato da 12 ottimi professionisti: 7 commerciali, 3 di supporto e, infine, 2 customer success manager, nel solco della visione cliente-centrica di Intesi Group anche in fase di post-vendita.
Come è cambiata l’azienda in tutti questi anni?
La “vecchia” Intesi Group, anche comprensibilmente viste le dimensioni di allora, aveva una gestione un po’ padronale, peraltro ispirata a una visione quasi esclusivamente tecnica., la comunicazione non di rado trascurata in un’azienda peraltro in cambiamento, e altre situazioni simili. Ma è stata capace di evolvere progressivamente e considerevolmente sotto molteplici aspetti: in termini di innovazione tecnologica, offerta commerciale, approccio proattivo al mercato e, non ultimo, di posizionamento del brand. Così dall’iniziale azienda di nicchia – fornitrice soltanto di software su licenza e la cui crescita era basata sul passaparola – siamo giunti alla condizione odierna di QTSP (Qualified Trust Service Provider) in grado di operare a livello internazionale quale protagonista dei servizi qualificati, con un ecosistema di soluzioni e servizi erogati sempre di più in cloud.
Per lo sviluppo del business, cosa occorre?
Ovviamente la capacità di guardare al futuro: leggere e documentarsi, studiare i competitor e guardare ad altri mercati, investire in formazione e sperimentare. Ma, parimenti, è fondamentale essere aperti, muoversi e dialogare. Anche con chi la pensa diversamente. Parlare con colleghi, partner, clienti, prospect è l’unico modo per avere una percezione diretta di obiettivi, esigenze e aspettative esistenti. Solo così è possibile “unire i puntini” e tradurli in una visione di prospettiva ma realistica e affidabile.
Altrimenti cosa si rischia?
Beh, di limitarsi a parlare di massimi sistemi o, al contrario, di inseguire successi a portata di mano solo apparentemente, smarrendo in ogni caso la concretezza del presente. Faccio un esempio: le partnership strategiche costituiscono una leva incredibilmente efficace di facilitazione del business. Ad esempio, allargando in tempo zero il bacino di clienti. Ma occorre valutarle con realismo, selezionarle con cautela e orientarsi soltanto verso quelle fondate sulla reale integrazione delle rispettive proposte tecnologiche e commerciali, perché le uniche in grado di funzionare e di generare valore per entrambi i partner.
Quali sono le sfide da affrontare in questo nuovo anno?
La sfida principale dei prossimi 12-24 mesi sarà formulare una risposta di business concreta e sostenibile allo scenario che sarà determinato dall’avvento dell’EUDI wallet e delle altre novità di eIDAS2. Non è un compito semplice né, tantomeno, da sottovalutare. Se il primo eIDAS aveva stabilito norme e vincoli su soluzioni già abbastanza definite in termini sia tecnici sia di business, con eIDAS2 ci troveremo di fronte a un quadro molto più dinamico e in divenire. Anche perché, a livello europeo, siamo ancora ai progetti pilota che, seppur preziosi, sono tuttora in corso e pertanto lungi dal fornire indicazioni definitive in termini di ruoli e responsabilità.
Le nuove prospettive, però, allargheranno senz’altro il mercato. Pensiamo ad esempio al mondo industriale le cui aziende protagoniste potranno accelerare la propria trasformazione digitale in ogni loro ambito: HR, ordini d’acquisto, offerte commerciali, flussi di lavoro, processi approvativi e così via. Come già hanno fatto altre grandi realtà – ad esempio, del mondo bancario o assicurativo – cui sono accomunate dalla gestione di grosse moli di dati, spesso sensibili.
Insomma, si prospetta un 2025 senz’altro impegnativo ma anche tanto stimolante…