
La parità di genere per un’impresa inclusiva.
Un caffè con Eleonora Giardino …
Mi auguro che in futuro non si parli più di parità di genere ma di parità tout court: per le aziende in Italia, significherebbe aver risolto la questione delle diseguaglianze uomo-donna e acquisito una cultura focalizzata sull’equità di trattamento tra e verso tutti. Un salto di qualità, con le persone sempre al centro e al di là del loro genere, razza, identità o orientamento sessuale, fede o opinione, e altra condizione soggettiva o sociale.
Con questo auspicio Eleonora Giardino, CFO e General Office Manager, conclude una piacevole chiacchierata su ragioni e tappe del percorso intrapreso da Intesi Group per il prossimo ottenimento della certificazione della Parità di Genere UNI/PdR 125:2022. Ma, soprattutto, esprime la ragione dell’impegno – suo personale e dell’azienda – profuso per il conseguimento di un così importante traguardo.
Di origine partenopea, una laurea umanistica ma al contempo una grande passione per i numeri che si è rafforzata con un master alla SDA/Bocconi, Eleonora Giardino vanta un passato pluriennale di media planner nel rutilante mondo pubblicitario milanese a cavallo tra gli anni 80 e 90. Ormai da un trentennio, si è però specializzata nelle attività aziendali di organizzazione, gestione e controllo finanziario. Fuori dalla sfera professionale, tra le altre cose, ama i viaggi alla scoperta di nuovi luoghi che le permettano di confrontarsi con situazioni inedite e con sé stessa.

Se ci penso, è lo stesso approccio che mi ispira quando avvio nuove esperienze professionali. E l’ultimo caso riguarda Intesi Group. Il mio ingresso risale al marzo 2023, quando l’azienda – dopo aver acquisito la società eWitness, di cui ero AD – mi ha nominato nell’attuale ruolo. Così, ho avuto presto modo di scoprire un’azienda piacevolmente sorprendente anche e proprio in tema di parità di genere.
In che senso?
Nonostante Intesi Group abbia un organico in larga maggioranza maschile – com’è tipico nel mondo IT – non si è mai trincerata in un maschilismo conservativo ed escludente. Al contrario, ha mostrato sempre sincera attenzione verso la componente femminile e il perseguimento di una reale parità di genere.
Cosa glielo ha fatto pensare?
Un paio di esempi. In tema di gender pay gap, Intesi Group vive già una sostanziale equità retributiva a parità di funzione. Nell’ambito del welfare aziendale, alle iniziative gratuite di prevenzione oncologica per l’intero personale, si aggiunge – per tutte le lavoratrici, in occasione della Festa della Donna – una visita senologica con relativo esame di approfondimento eco/mammografico. Ma, ripeto, sono soltanto due tra tanti esempi possibili.
L’auspicata Certificazione della Parità di Genere rappresenterebbe dunque un traguardo naturale?
Esatto. Specifico che, tra i miei compiti, vi è anche quella di collaborare con i team dedicati,alla gestione delle attività relative alle certificazioni non tecniche, quali l’ISO 9001 in tema di qualità o la recente ISO 37001 relativa alla cosiddetta Anticorruzione. Per questa ragione, mi sto occupando anche dell’iter che condurrà alla certificazione della Parità di Genere. In tale veste, ho avuto da subito la percezione che questo traguardo ci permetterà di formalizzare pratiche virtuose che da anni sono già in essere nella nostra azienda. Anzi, paradossalmente, potrei addirittura esprimere una sorta di rammarico: sebbene la certificazione della Parità di Genere esista soltanto dal 2022, avremmo potuta ottenerla …immediatamente. Ma abbiamo dovuto dare priorità ad altre certificazioni rilevanti e soprattutto indispensabili all’erogazione dei servizi di QTSP e quindi vitali per il nostro business.
Cosa spinge a compiere un percorso comunque impegnativo?
Prima di tutto, una ragione etica di equità. Ma anche diverse motivazioni economiche. Salvaguardare le donne in azienda significa riuscire a beneficiare meglio e maggiormente del loro valore professionale. Inoltre, la certificazione della parità di genere è un requisito sempre più richiesto e apprezzato dalle organizzazioni sia pubbliche sia private: seppur non vincolante, innalza spesso il punteggio di chi partecipa a bandi di gara pubblici o di chi si accredita all’albo fornitori di un’azienda. Tale certificazione favorisce, inoltre, la talent attraction in fase di recruitment. In ultimo, ma ultimo per davvero, c’è un ulteriore elemento che dovrebbe convincere persino le organizzazioni meno illuminate a impegnarsi in questa direzione: lo Stato concede sgravi fiscali alle società certificate proprio per la grande rilevanza socio-economica della parità di genere.
Quali sono le tappe dell’iter di certificazione e le sue possibili complessità?
Premetto che la Certificazione Parità di Genere è di tipo UNI e non ancora ISO: non sussistono, quindi, standard internazionali, ha una valenza italiana e si basa essenzialmente sulla prassi.
Può essere rilasciata soltanto da un Ente certificatore terzo e accreditato.
Tramite un apposito audit – svolto anche mediante interviste a dirigenti, manager e altri lavoratori – l’Ente verifica i requisiti dell’azienda. In particolare, misura i KPI relativi a 6 aree: Cultura e strategia, Governance, Processi HR, Opportunità di crescita e inclusione delle donne, Equità remunerativa per genere, Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.
Se l’azienda ottiene almeno il 60% del punteggio massimo attribuibile, consegue la certificazione.
Quando la certificazione viene richiesta per la prima volta, come nel nostro caso, l’Ente compie anche un pre-audit unicamente su base documentale che ha lo scopo di verificare che l’azienda si sia dotata di un corretto impianto procedurale: ad esempio esistenza e divulgazione di una politica di genere , aver nominato il comitato guida, aver fatto formazione, aver creato un canale di comunicazione per eventuali segnalazioni, in sintesi verificare che l’azienda abbia fatto tutto quanto sia necessario per poter rendere possibile l’attuazione del percorso di certificazione
Dopo il rilascio, la certificazione ha validità triennale, con audit di sorveglianza annuali rispettivamente a 12 e 24 mesi dal rilascio.
Quali funzioni aziendali sono coinvolte nell’iter di certificazione?
Principalmente quelle di Management e Governance nonché le Risorse Umane. Aggiungo che il Presidente e CEO, la Responsabile Marketing & Communication e la HR Manager compongono il Comitato Guida, ufficialmente costituito per promuovere la parità di genere in Intesi Group.
Quali iniziative potranno contribuire ad accrescere, in Intesi Group, la cultura ispirata alla parità di genere?
Tale cultura va diffusa e mai imposta. Per riuscirci, occorre conoscenza. Ad esempio, periodiche e anonime survey possono dare la misura del livello generale di sensibilità e consapevolezza sul tema così come degli ambiti su cui lavorare. E poi la formazione gioca sempre un ruolo cruciale: ad esempio per la prevenzione di possibili condotte inappropriate. Anche in Intesi Group o in qualsiasi altro ambiente sano come il nostro. Pensiamo, ad esempio, alle attenzioni non gradite, cioè a quei piccoli gesti non percepiti come inopportuni da chi li compie ma che possono risultare disturbanti od offensivi per chi li subisce. Educare è fondamentale per correggere eventuali discrepanze percettive, prevenire atteggiamenti scorretti e diffondere prassi comportamentali rispettose.
In generale, saranno preziose tutte quelle azioni che abbiano come fine ultimo non solo la tutela delle donne ma anche la crescita della consapevolezza negli uomini, in modo da consolidare un ambiente di lavoro e di vita sempre più sicuro, inclusivo e sostenibile.